Lunedì 02 Maggio 2016 20:14 |
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Ordinanza T.A.R. Lazio - Roma n. 4882 del 29/04/2016 |
Da ciò, e passando attraverso una puntuale disamina della precitata normativa nazionale interna e dei profili del ravvisato contrasto, é derivata la decisione della Prima Sezione del TAR romano di disporre rinvio pregiudiziale ex art. 267 del TFUE alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, ".. al fine di verificare se, alla stregua di una corretta interpretazione della Direttiva 1997/67/CE, sia con essa compatibile l'art. 3, comma 7, D.lgs. n. 261/99 e l'art. l, comma 276, della Legge 2014, n. 194, a giudizio del Collegio risulta, in primo luogo, rilevante ai fini del giudizio a quo, che secondo le pregresse considerazioni dovrebbe essere deciso nel senso della non fondatezza delle molteplici censure di violazione di legge e di sviamento ed eccesso di potere in quanto l’impugnata delibera, da un lato, non si discosta dalla minuziosa ed analitica disciplina posta dal legislatore nazionale pro tempore e, dall’altro, riempie i rimanenti esigui spazi di discrezionalità in modo pedissequo rispetto alla lettera ed alla ratio della medesima normativa, che palesa profili di problematica compatibilità con il diritto comunitario, ma che d’altronde, per il tassativo tenore delle sue disposizioni, non appare neppure suscettibile di una interpretazione evolutiva conformatrice al diritto europeo...".
Più nel dettaglio, i profili che il Collegio ha ritenuto di rimettere in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia “..al fine di conoscere se, alla stregua di una corretta interpretazione della Direttiva 1997/67/CE, siano con essa compatibili l'art. 3, comma 7, D.lgs. n. 261/99 e l'art. l, comma 276, della Legge 2014, n. 194..”, sono i seguenti:
“a) la Direttiva n. 97/67/CE e successive modifiche ed integrazioni, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio, sancisce l’obbligo degli Stati membri di assicurare la fornitura del servizio postale universale, ed in tale ambito prevede che la raccolta degli invii postali e loro distribuzione al domicilio del destinatario debbano essere garantite "come minimo cinque giorni lavorativi a settimana";
b) la stessa Direttiva comunitaria ammette possibili deroghe, da parte delle Autorità nazionali di regolazione, solo in presenza di "circostanze o condizioni geografiche eccezionali";
c) la legislazione nazionale italiana (art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 261 del 1999 ed art. 1, comma 276, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 - cd. "Legge di stabilità 2015") impone, viceversa, all’Autorità nazionale di regolazione di accordare la predetta deroga, entro termini temporali certi, ogni volta in cui il gestore del servizio lo chieda individuando la “presenza di particolari situazioni di natura infrastrutturale o geografica in ambiti territoriali con una densità inferiore a 200 abitanti/kmq.", anche qualora le predette situazioni siano di natura non eccezionale e riguardino un’ampia parte della popolazione nazionale (fino ad un quarto della popolazione e quindi –trattandosi di aree con minore densità abitativa- fino ad una ben più vasta porzione del territorio nazionale);
d) si pone quindi il problema se, alla stregua di una corretta interpretazione delle predette norme comunitarie, siano con esse compatibili le predette disposizioni della legge nazionale italiana, in quanto:
1) impongono all’AGCOM, ovvero all’Autorità nazionale italiana di regolazione, di deliberare in senso favorevole alla deroga ogni volta in cui sussistano i “fattori, strutturali o geografici” allegati dal gestore del servizio, purché riferiti a condizioni di scarsa densità abitativa, condizioni quindi non eccezionali ma ordinarie;
2) il carattere ordinario e non eccezionale delle condizioni per la deroga è ora confermato dalla legge di stabilità 2015, che ha ampliato l’ambito massimo di estensione della possibile deroga a un quarto della popolazione nazionale,;
3) l’Autorità di regolazione nazionale ha infatti chiarito in giudizio che le medesime condizioni sono riferite non alla difficoltà di raggiungere un utente ogni quattro, bensì ai costi di fornitura dell’intero servizio e, in particolare, ai costi della rete di recapito (prestazione del portalettere) in base ad un criterio non di costo del raggiungimento del singolo utente, bensì di costo-opportunità della fornitura del servizio alla luce della riduzione delle risorse destinate al finanziamento dei costi del servizio universale prevista dalla medesima Legge di stabilità del 2015;
4) in particolare, la medesima Autorità ha scritto in giudizio che il fine è quello di consentire la contemporanea prestazione di un unico portalettere, dipendente full-time di Poste Spa, ovvero del gestore del servizio, in due Comuni limitrofi che servirà "a giorni alterni", risultando confermata, in tal modo, la logica esclusivamente finanziaria della misura;
5) pertanto le disposizioni di legge nazionale in esame palesano una problematica compatibilità con la Direttiva n. 97/67/CE per la parte in cui disciplinano la possibilità di deroga in parola a fini di riduzione dei dipendenti e quindi della spesa di Poste Spa, prescindendo dalla sussistenza, invece richiesta dalla medesima Direttiva n. 97/67/CE, di "circostanze o condizioni geografiche eccezionali" che rendano particolarmente difficoltoso o costoso il raggiungimento degli utenti;
6) in tal modo, peraltro, le medesime disposizioni della legge nazionale italiana sembrano limitare la discrezionalità invece riconosciuta dal diritto europeo alle Autorità nazionali di regolazione ai fini della valutazione della eccezionalità delle predette condizioni e della loro idoneità a consentire di derogare agli obblighi posti agli Stati membri a garanzia dei diritti degli utenti del servizio postale universale..”.
Avvocato Valentina Magnano S. Lio
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N. 04882/2016 REG.PROV.COLL. N. 12544/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) ha pronunciato la presente ORDINANZA sul ricorso numero di registro generale 12544 del 2015, proposto da:
Comune di B. ed altri 40 + Anci Piemonte, rappresentati e difesi dagli avv.ti Paolo Scaparone, Jacopo Gendre, con domicilio eletto presso Luca Di Raimondo in Roma, Via della Consulta, 50;
contro Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12; nei confronti di Società Poste Italiane Spa, rappresentata e difesa dagli avv.ti Filippo Lubrano, Enrico Lubrano, Giulio Napolitano, Carlo Mirabile, Andrea Sandulli, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Lubrano in Roma, Via Flaminia, 79; per l'annullamento della delibera del Consiglio dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni 25.6.2015 n. 395/15/CONS e di tutti gli atti antecedenti, presupposti e connessi.
Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e della Società Poste Italiane Spa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 marzo 2016 il dott. Raffaello Sestini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
1 – Il Comune di B. insieme ad altri quaranta Comuni ed all’ANCI – Associazione nazionale comuni italiani - Piemonte propongono il ricorso in epigrafe contro l’Autorità' per le Garanzie nelle Comunicazioni – AGCOM e nei confronti di Poste Italiane s.p.a. per l'annullamento, previa sospensiva, della delibera n. 395/15/CONS, pubblicata il 20 luglio 2015 sul sito web dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, con la quale la medesima Autorità – ai sensi dell'art. 3, commi 6 e 7 del d.lgs. n. 261 del 1999 e successive modifiche ed integrazioni - ha approvato il provvedimento relativo all'autorizzazione all'attuazione di un modello di recapito a giorni alterni degli invii postali rientranti nel servizio universale, unitamente a tutti gli atti antecedenti, presupposti, consequenziali e comunque connessi e, in particolare, alla delibera Agcom n. 163/15/CONS. 2 – Analoghi ricorsi sono stati proposti dalla Federazione Italiana Editori – FIEG ed A.N.E.I. spa (R.G. n. 12507/2015) e dal Coordinamento delle Associazioni e dei Comitati di tutela dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori - CODACONS con Articolo 32 – Associazione Italiana per i diritti del malato – AIDMA Onlus (R.G. n. 11633/2015). I tre ricorsi sono stati quindi trattati congiuntamente in sede cautelare e rinviati al merito nella camera di consiglio del 18.11.2015. Alla pubblica udienza del 24.2.2016 la trattazione è stata poi rinviata su istanza congiunta delle parti, stanti le trattative in corso per giungere ad una diversa disciplina. Alla successiva pubblica udienza del 23.3.2016, mentre per i sopraindicati ricorsi è stata reiterata la domanda di rinvio, i ricorrenti in epigrafe hanno viceversa chiesto al Tribunale di introitare il ricorso per la decisione, rappresentando che le trattative ancora in corso riguardano essenzialmente solo le modalità di distribuzione dei prodotti editoriali e non sono quindi comunque idonee, a giudizio dei medesimi ricorrenti, a far venire eventualmente meno il loro interesse alla decisione. A seguito della pubblica udienza del 23.2.2016 il solo ricorso in epigrafe è stato quindi introitato, in ragione della sua autonomia rispetto agli altri indicati gravami, per la decisione del Collegio. 3 – La controversia in esame concerne l’applicazione dell'articolo 3, paragrafo 3, della direttiva n. 97/67/CE, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio, la quale prescrive che, nell'ambito della fornitura del servizio universale, la raccolta degli invii postali e loro distribuzione al domicilio del destinatario debbano essere garantite "come minimo cinque giorni lavorativi a settimana", e che solo in presenza di "circostanze o condizioni geografiche eccezionali" ammette la fornitura per un numero inferiore di giorni. La concessione della relativa deroga è rimessa alle autorità nazionali di regolamentazione, che devono informarne la Commissione europea nonché le autorità degli altri Stati membri con apposita comunicazione. Nel recepire la normativa europea, il legislatore nazionale, all'art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 261 del 1999, ha previsto che l'Autorità possa autorizzare la raccolta e il recapito con frequenza a giorni alterni in presenza di "particolari situazioni di natura infrastrutturale o geografica". Eventuali deroghe al principio della fornitura per cinque giorni a settimana possono interessare soltanto ambiti territoriali con densità abitativa inferiore a 200 ab/kmq e soltanto una parte limitata della popolazione nazionale. Tale previsione, peraltro, è stata sempre richiamata, dal 1999 in poi, nei contratti di programma relativi allo svolgimento del servizio universale postale e alla sua remunerazione. Con riguardo alla popolazione nazionale residente nelle zone servite a giorni alterni, il limite massimo, inizialmente fissato nella misura di un ottavo della popolazione nazionale, è stato di recente aumentato (fino ad un quarto) dall'art. 1, comma 276, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (cd. "Legge di stabilità 2015"). Inoltre, sempre in tema di frequenza settimanale di raccolta e recapito della corrispondenza, il Legislatore ha previsto che il nuovo contratto di programma, relativo al quinquennio 2015-2019, possa disporre l'introduzione di "misure di rimodulazione" della frequenza di erogazione dei servizi e che tali misure possano interessare l'intero territorio nazionale (Art. 1, comma 277, della medesima legge di stabilità 20l5). Afferma l’intimata Autorità che la ratio delle predette nuove previsioni del legislatore pro tempore è quella di assicurare la rispondenza del servizio universale alle "mutate esigenze degli utenti", nonché la sostenibilità del relativo onere, dovendo essere inserite nell'ambito del più ampio intervento, contenuto nella Legge di stabilità 2015, volto ad una adeguata valorizzazione di Poste Italiane s.p.a., coerente con la strategia di ristrutturazione del servizio postale e dell'azienda, interessata da un nuovo piano industriale quinquennale, assicurando la certezza dei rapporti giuridici tra lo Stato e la società e la sostenibilità finanziaria dell'onere del servizio postale universale, nel quadro del contenimento complessivo della spesa pubblica ed alla luce della costante e crescente contrazione dei volumi postali e del conseguente aumento dei costi di fornitura del servizio universale, legati anche all’affermarsi di nuove forme di comunicazione più economiche rispetto a quelle tradizionali come la posta elettronica. 4 - A seguito delle predette modifiche della Legge di stabilità 2015, Poste Italiane s.p.a. ha presentato una richiesta di autorizzazione alla modifica del modello di recapito a giorni alterni. Narra l’Autorità di aver avviato un’ampia consultazione pubblica con la delibera n. 163/15/CONS e di aver proceduto ad una istruttoria, anche mediante richieste di informazioni e chiarimenti, per verificare la sussistenza dei presupposti fissati per il rilascio dell'autorizzazione (presenza di particolari situazioni di natura infrastrutturale o geografica, densità abitativa inferiore a 200 ab/kmq. e rispetto del limite massimo di un quarto della popolazione nazionale), essendo, secondo la legge italiana, la sussistenza dei predetti presupposti legislativi condizione necessaria e sufficiente al rilascio da parte dell'Autorità dell'autorizzazione richiesta da Poste Italiane, e restando pertanto preclusa ogni ulteriore valutazione discrezionale o di opportunità in quanto il legislatore nazionale pro tempore ha analiticamente e pedissequamente disciplinato la materia, anche quanto alla conseguente frequenza di erogazione del servizio a giorni alterni (vale a dire 3 e 2 giorni a settimane alterne) in deroga al principio comunitario della fornitura per cinque giorni ogni settimana. 5 – L’Autorità riferisce di aver dunque limitato la propria verifica ai presupposti indicati dal legislatore pro tempore e di aver riscontrato, in particolare, sia la sussistenza di "particolarità" atte a giustificare la deroga, sia il rispetto dell'ambito territoriale nel quale la densità abitativa deve essere calcolata, e di aver quindi autorizzato l'attuazione del proposto modello di recapito a giorni alterni degli invii postali rientranti nel servizio universale (delibera n. 395/15/CONS), individuando i Comuni progressivamente interessati dalla misura secondo le seguenti fasi: - I fase, da avviare non prima di ottobre 2015; - Il fase, da avviare non prima di aprile 2016; - III fase, da avviare non prima di febbraio 2017. La medesima delibera dispone pertanto che la misura interessi tutti i Comuni nazionali aventi un ambito territoriale con densità abitativa inferiore a 200 ab/kmq. o anche solo appartenenti al territorio di Province con densità inferiore a 200 ab/kmq. (escludendo dal calcolo il territorio del capoluogo di Provincia e la popolazione ivi residente), considerano presenti le particolari situazioni di natura infrastrutturale o geografica per tutti i Comuni, aventi popolazione inferiore a 30 mila abitanti, in cui la distanza media tra i civici (densità orizzontale dei punti di recapito) è superiore a 81,7 metri, oppure in cui il numero medio per civico di abitazioni o locali ad uso ufficio o commerciale (densità verticale dei punti di recapito) è inferiore a 1,4, oppure in cui la percentuale di utenze commerciali sul totale delle utenze è inferiore all’ 8%. 6 – I quarantuno Comuni e l’Associazione dei Comuni piemontesi indicati in epigrafe hanno quindi impugnato la predetta delibera, unitamente atti connessi, deducendone l’illegittimità sotto plurimi profili. 7 – L’AGCOM e Poste spa si sono costituiti in giudizio per argomentare l’infondatezza delle censure dedotte, e prima ancora per eccepire l’irricevibilità del ricorso per tardività e la sua inammissibilità per carenza d’interesse dei ricorrenti. 8 – Ad avviso del Collegio le due predette eccezioni palesano peraltro una evidente inconsistenza, sfiorando i limiti dell’azione temeraria, poiché, quanto all’eccezione di tardività, pur in un non controverso contesto di dominio della società dell’informazione e di spettacolarizzazione della politica, mostrano di confondere la pur legittima attività d’informazione istituzionale (e/o di propaganda politica) verso la generalità dei cittadini ed elettori (il comunicato stampa dell’Autorità del 25.6.2016 circa l'avvenuta approvazione della deliberazione impugnata nell’ambito delle iniziative del Governo e del Parlamento pro tempore di pretesa “modernizzazione” del servizio postale universale) con la viceversa doverosa attività di pubblicazione del provvedimento, ovvero di comunicazione “certa” dei suoi oggettivi contenuti (di riduzione del servizio pubblico di recapito postale in numerosi Comuni) a tutti i potenziali interessati, avvenuta sul sito internet dell'AGCOM solo in data 20.7.2015, potendo, in uno Stato di diritto retto dai principi della certezza delle regole giuridiche e della tutela dell’affidamento dei cittadini, solo da tale momento decorrere i termini d’impugnazione previsti dal c.p.a. Occorre poi considerare che il medesimo provvedimento fissa solo i criteri per l'individuazione dei Comuni interessati dalla riduzione del servizio in tre fasi, ma demanda alle Poste Italiane sia la concreta identificazione dei territori comunali interessati, sia la scelta circa il loro inserimento nelle tre fasi di esecuzione, e che pertanto solo dal successivo momento, in cui Poste Italiane spa ha reso pubblico sul proprio sito internet l'elenco dei Comuni coinvolti, gli stessi Comuni e le loro associazioni hanno avuto contezza della concreta lesività del provvedimento, decorrendo solo da tale ulteriore momento, nei loro confronti, i termini d’impugnazione. La tempestività del ricorso non appare pertanto dubbia. Quanto, poi, alla seconda eccezione, neppure appare controversa, in dottrina ed i giurisprudenza, la natura del Comune (e quindi delle sue associazioni rappresentative quali ANCI Piemonte) quale ente politico generale esponenziale della comunità locale secondo un principio di rappresentanza democratica, anche con riferimento alle esigenze della generalità dei propri consociati – in questo caso connesse all’esistenza ed al funzionamento del servizio postale universale - nonchè delle esigenze della propria comunità locale, ad esempio, in relazione alle dedotte preoccupazioni di rarefazione dei servizi infrastrutturali alle attività culturali ed imprenditoriali e di conseguente ulteriore incentivo alla desertificazione del proprio territorio (che pur certamente ha anche altre ragioni), non essendo, quindi, neppure revocabile in dubbio l’interesse degli Enti pubblici ricorrenti a coltivare il gravame. 9 – Nel merito, i ricorrenti propongono i seguenti motivi di gravame: 1) difetto di motivazione e di istruttoria per omessa valutazione comparativa degli interessi in gioco, in relazione alla natura eccezionale e derogatoria della fornitura a giorni alterni del servizio postale rispetto al regime universale del servizio stesso, cosicché il provvedimento cha la consente ha un carattere necessariamente discrezionale; conseguente violazione della direttiva 1997/67/CE del 15.12.1997, della direttiva 2008/6/CE del 20.2.2008, del d.lgs. 2.7.1999 n. 261 e dell’1, comma 277, della legge 23.12.2014, n. 190. In particolare i ricorrenti deducono che il provvedimento gravato si sarebbe erroneamente definito espressione di attività amministrativa "vincolata", mentre il potere dell'Autorità di autorizzare la riduzione della frequenza giornaliera della distribuzione della posta sarebbe manifestazione di un potere discrezionale, postulando necessariamente la comparazione tra interessi pubblici e privati coinvolti. Tale deduzione sarebbe evincibile dal dettato normativo europeo e, segnatamente, dall'art. 3, co. 3 della direttiva n. 97/67/CE, il quale prescrive che la fornitura del servizio postale a giorni alterni sia possibile solo in presenza di "circostanze o condizioni geografiche eccezionali". L’Autorità avrebbe dovuto dunque tenere in considerazione gli effetti a medio e lungo termine di una misura che, secondo i ricorrenti, costituisce un forte disincentivo all'apertura di attività imprenditoriali e può indurre la popolazione colpita ad abbandonare i Comuni di residenza per trasferirsi in città dotate di maggiori servizi; 2) difetto del presupposto "della presenza di particolari situazioni di natura infrastrutturale e geografica" per l'autorizzazione in deroga alla fornitura del servizio postale a giorni alterni per i territori comunali colpiti, con la conseguente violazione delle medesime disposizioni comunitarie e nazionali. Secondo i ricorrenti l'illegittimità della delibera impugnata sarebbe rinvenibile anche nella individuazione generalizzata ed indiscriminata delle circostanze che giustificheranno l'autorizzazione del recapito a giorni alterni, quando invece avrebbe dovuto trattarsi di circostanze eccezionali di natura infrastrutturale o geografica; 3) eccessiva compressione del servizio universale in relazione ai principi di universalità, ragionevolezza e proporzionalità in violazione delle sopraindicate disposizioni comunitarie e nazionali. Ad avviso dei ricorrenti, infatti, la nuova conformazione del servizio universale postale autorizzata dal provvedimento impugnato violerebbe il principio di proporzionalità nella misura in cui esso consente la fornitura a giorni alterni su base bisettimanale (secondo lo schema: lunedì, mercoledì, venerdì/martedì, giovedì), mentre il recapito a giorni alterni su base settimanale (secondo lo schema: lunedì, mercoledì, venerdì/lunedì, mercoledì, venerdì) avrebbe prodotto un minore effetto negativo a carico dell'utenza; 4) mancanza dell'assenso espresso della Commissione europea alla deroga al servizio postale universale, in violazione delle medesime sopraindicate disposizioni comunitarie e nazionali. Ciò in quanto secondo i ricorrenti l'ampiezza della portata della deroga concessa imporrebbe un espresso assenso da parte della Commissione europea, che nel caso di specie non sarebbe stato richiesto. 10 – Ai fini dell’esame di merito, considera il Collegio che le sopra sintetizzate censure non appaiono fondate, in quanto: 1) alla stregua del tenore letterale e della ratio della sopra richiamata normativa, recentemente modificata dalla Legge di stabilità 2015, la sussistenza dei presupposti indicati dal legislatore pro tempore rappresenta una condizione necessaria ma sufficiente per imporre il rilascio, da parte dell'Autorità di regolazione, dell'autorizzazione richiesta da Poste Italiane s.p.a. Sembra in tal modo preclusa ogni ulteriore valutazione discrezionale dell’Autorità circa le possibili diseconomie territoriali e le possibili conseguenze socioculturali, anche di desertificazione dei piccoli Comuni e delle aree montane, paventate dai ricorrenti anche sul presupposto della tendenziale coincidenza di tali aree con quelle interessate dai noti problemi di internet-divide, circostanza che, unitamente all’età media ed al reddito medio dei residenti, porrebbe in serio dubbio l’efficacia delle affermate iniziative compensative concernenti modalità alternative di comunicazione e di diffusione di contenuti editoriali in formato elettronico; 2) pur riespandendosi la discrezionalità dell' Autorità ai fini della concreta individuazione della sussistenza dei presupposti e dei limiti fissati dal legislatore pro tempore, all’accoglimento del secondo motivo di ricorso (concernente il mancato rispetto del previsto carattere di eccezionalità della deroga) si oppone il dato letterale della norma di legge di riferimento, che espressamente si riferisce (art. 3, comma 7 del d.lgs. n. 261/1999) alla “presenza di particolari situazioni di natura infrastrutturale o geografica in ambiti territoriali con una densità inferiore a 200 abitanti/kmq.” indicando, quindi, una pluralità di fattori, strutturali oppure (“o”) geografici, legati non all’eccezionale difficoltà di raggiungere giornalmente gli utenti, bensì alla ordinaria scarsa densità abitativa, e quindi al maggiore tragitto (e quindi al maggior costo) necessari per raggiungere gli utenti, così come risulta dalla “interpretazione autentica” fornita dalla legge di stabilità 2015, che ha ampliato l’ambito massimo di estensione della possibile deroga da un ottavo a un quarto della popolazione, apparendo con ogni evidenza quanto meno singolare che possano esistere ”circostanze o condizioni geografiche eccezionali“ (così come previsto dalla norma comunitaria) che, pur essendo riferite dal legislatore italiano ad aree sottopopolate, siano capaci di interessare addirittura un italiano su quattro, e quindi aree ben maggiori di un quarto dell’intero territorio italiano. In tale quadro, la delibera impugnata non appare quindi illegittima, per la parte in cui declina il predetto criterio di legge, recependo peraltro la proposta di Poste Spa, secondo la medesima ratio del legislatore pro tempore, e quindi non sulla base delle difficoltà tecniche o dell’effettiva domanda (storica o prevedibile) del servizio universale in determinate aree (le relative stime di rarefazione del servizio sono state fornite solo in giudizio a scopi difensivi…), bensì sulla base della distribuzione sul territorio – e quindi dei tempi e costi di raggiungibilità - della popolazione e delle attività commerciali, così come “confessato” testualmente dalla stessa memoria in giudizio dell’Autorità, secondo cui “coerentemente con la ratio della disciplina introdotta dalla Legge di stabilità 2015 (riduzione delle risorse destinate al finanziamento dei costi del servizio universale) (…) le situazioni prese in considerazione nel provvedimento impugnato sono quelle che risultano rilevanti in termini di incidenza sui costi di fornitura del servizio e, in particolare, sui costi della rete di recapito (prestazione del portalettere) (…) in base ad un criterio di costo-opportunità della fornitura del servizio”; 3) sulla base delle medesime considerazioni neppure appare fondato il terzo motivo di ricorso, posto che, secondo un calcolo su base bisettimanale, la previsione comunitaria di un servizio minimo di cinque giorni settimanali (totale 10 giorni) corrisponde necessariamente, secondo la previsione del legislatore nazionale pro tempore, a 5 giorni alterni, ovvero a 3 e 2 giorni a settimane alterne come previsto dall’Autorità, secondo una logica (anch’essa svelata dalla memoria difensiva dell’Autorità) volta a consentire la contemporanea prestazione di un unico portalettere, dipendente full-time, in due Comuni limitrofi che servirà "a giorni alterni", risultando peraltro confermata, in tal modo, la logica esclusivamente finanziaria della misura, volta alla riduzione dei dipendenti e quindi della spesa di Poste Spa; 4) anche il quarto ed ultimo motivo di ricorso appare infine non fondato, posto che secondo il diritto europeo in caso di deroga nazionale le autorità nazionali di regolamentazione devono semplicemente informare la Commissione europea e le autorità degli altri Stati membri, senza la necessità di un preventivo assenso. Reciprocamente, nessun rilievo può pertanto essere attribuito neppure al parere, allegato in atti da Poste Spa, con il quale la Commissione Europea ha preso atto (non della deroga bensì) del nuovo contratto di programma e del connesso finanziamento pubblico del Servizio postale universale finora assicurato da Poste Spa. 11 – Le pregresse considerazioni del Collegio, se da un lato valgono ad escludere la difformità dell’impugnata delibera dell’Autorità intimata rispetto alle stringenti previsioni della legge nazionale, dall’altro evidenziano però la problematica compatibilità delle medesime disposizioni con le discordanti previsioni normative dell’Unione Europea, ed impongono pertanto al Collegio di sollevare d’ufficio la seguente questione di conformità comunitaria della normativa nazionale rilevante ai fini della decisione del giudizio a quo, con la conseguente sospensione del medesimo giudizio. 12 - Il rinvio pregiudiziale ex art. 267 del TFUE alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, al fine di verificare se, alla stregua di una corretta interpretazione della Direttiva 1997/67/CE, sia con essa compatibile l'art. 3, comma 7, D.lgs. n. 261/99 e l'art. l, comma 276, della Legge 2014, n. 194, a giudizio del Collegio risulta, in primo luogo, rilevante ai fini del giudizio a quo, che secondo le pregresse considerazioni dovrebbe essere deciso nel senso della non fondatezza delle molteplici censure di violazione di legge e di sviamento ed eccesso di potere in quanto l’impugnata delibera, da un lato, non si discosta dalla minuziosa ed analitica disciplina posta dal legislatore nazionale pro tempore e, dall’altro, riempie i rimanenti esigui spazi di discrezionalità in modo pedissequo rispetto alla lettera ed alla ratio della medesima normativa, che palesa profili di problematica compatibilità con il diritto comunitario, ma che d’altronde, per il tassativo tenore delle sue disposizioni, non appare neppure suscettibile di una interpretazione evolutiva conformatrice al diritto europeo. Ne consegue che, alla stregua della legislazione nazionale di riferimento, il ricorso dovrebbe essere respinto, consentendo l’ulteriore entrata a regime della deroga in esame, ma che, ove le medesime disposizioni della legge nazionale dovessero essere ritenute dalla Corte di Giustizia non conformi al diritto europeo, le stesse dovrebbero essere disapplicate dal Collegio, privando di base giuridica l’impugnata delibera che, in tal caso, dovrebbe essere annullata, accogliendo le dedotte censure di violazione e sviamento rispetto alle prescrizioni del diritto comunitario ed alle finalità dallo stesso perseguite, e quindi di travisamento in fatto ed in diritto e di carenza di istruttoria e di motivazione, con l’accoglimento del ricorso in epigrafe e con la conseguente eliminazione della deroga in esame, salva la facoltà dell’Autorità di accogliere nuove e più limitare domande di deroga conformi al diritto dell’Unione Europea come interpretato dalla predetta decisione comunitaria. 13 – In secondo luogo, il Collegio osserva che la questione incidentale in esame può essere legittimamente sollevata dal Collegio d’ufficio ai fini della decisione del presente giudizio, a seguito dell’ampio dibattito fra le parti in camera di consiglio, ed a maggior ragione a seguito delle precedenti discussioni congiunte con gli altri ricorsi sopraindicati, nel cui ambito la medesima questione era stata già argomentatamente dibattuta dalle parti resistenti in quanto sollevata dal ricorrente CODACONS. 14 – In terzo luogo, a giudizio del Collegio la questione pregiudiziale in esame si palesa non manifestamente infondata. Infatti, la vigente legislazione nazionale impone direttamente all’Autorità competente di settore (privandola peraltro dei necessari margini di autonomia regolatoria previsti dal diritto europeo) di autorizzare entro termini certi le deroghe chieste dal gestore del servizio postale universale, non perché i territori dei Comuni ricorrenti presentino una “eccezionale” conformazione geografica o una dotazione infrastrutturale dei trasporti tali che l'erogazione giornaliera del servizio postale universale abbia un costo eccessivo e sproporzionato rispetto al costo standard del medesimo servizio negli altri territori, bensì, come sopra considerato, per una essenziale ragione finanziaria globale, ovvero al fine di ridurre il preesistente costo complessivo dell’intero servizio postale universale, consentendo in tal modo di ridurre (dimezzare) in modo generalizzato il servizio agli utenti in tutti i Comuni italiani a minore densità abitativa, nel limite di un quarto della popolazione nazionale, e quindi, necessariamente, in un limite di estensione territoriale ben più ampio di un quarto del territorio nazionale (nella fattispecie in esame, a quanto risulta, i Comuni interessati sono 5.296) ) qualora caratterizzati da una dislocazione più rarefatta o parcellizzata delle utenze private e commerciali secondo parametri (la densità orizzontale e verticale dei punti di recapito e il numero delle utenze commerciali) elaborati dall’Autorità conformandosi alle prescrizioni e alla stessa ratio della medesima disciplina di legge, in modo (riferisce la stessa Autorità in giudizio) da consentire di spalmare fra ogni due Comuni limitrofi, a giorni alterni, il servizio finora assicurato in ogni Comune per cinque giorni alla settimana, con una conseguente drastica riduzione del personale finora addetto alla predetta attività, avente una minore redditività fra i vari servizi oggi offerti da Poste Spa nell’ambito (riferisce ancora l’Autorità) “del più ampio intervento, contenuto nella Legge di stabilità 2015, volto ad una adeguata valorizzazione di Poste Italiane s.p.a., coerente con la strategia di ristrutturazione del servizio postale e dell'azienda, interessata da un nuovo piano industriale quinquennale”, vale a dire per finalità finanziarie, di abbattimento della spesa complessiva finora sostenuta per i servizi pubblici, e per finalità interne alle logiche finanziarie ed imprenditoriali del soggetto gestore del servizio, e quindi non dirette, almeno in prima battuta, a garantire, come invece dichiarato, l’adeguamento del servizio universale alle nuove esigenze degli utenti e la sua continuità senza aumentare i costi per gli utenti e per il pubblico erario. 15 - Il Collegio deve subito chiarire che resta del tutto estranea al presente giudizio ogni valutazione extragiuridica, circa l’effettivo disagio eventualmente creato in tal modo agli utenti interessati (che secondo Poste Spa comunque utilizzeranno sempre di meno il servizio postale), l’opportunità della misura in esame sul piano politico, sociale e culturale per i suoi effetti diretti ed indiretti, la sua bontà sul piano economico, imprenditoriale e finanziario e le analoghe prassi che sarebbero già state avviate in alcuni altri Stati membri. Viene, invece, necessariamente in rilievo la diversa questione, squisitamente giuridica, della compatibilità di una tale disciplina di legge nazionale con la corrispondente disciplina di armonizzazione del diritto europeo cha tutela i diritti degli utenti del servizio postale universale. 16 – In particolare, l’Unione Europea ha avviato l'armonizzazione e la liberalizzazione dei mercati dei servizi postali con la direttiva 97/67/CE del 15 dicembre 1997 (cd. "prima direttiva postale"), successivamente emendata a seguito dell'adozione della direttiva 2002/39/CE del 10 giugno 2002 (cd. "seconda direttiva postale"), relativamente all'ulteriore apertura alla concorrenza dei servizi postali comunitari, e della direttiva 2008/6/CE (c.d. "terza direttiva postale") per quanto riguarda il pieno completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari (recepite nell'ordinamento italiano con il d.lgs. n. 261/1999, successivamente modificato dal decreto legislativo n. 384/2003, dal D.lgs. n. 58/2011 e dalla Legge di stabilità 2015). 17 – In tale quadro, l’ordinamento dell’Unione Europea ritiene che l'instaurazione del mercato interno nel settore postale sia “di importanza incontestata per la coesione economica e sociale della Comunità, poiché i servizi postali rappresentano uno strumento essenziale di comunicazione e scambi" (II Considerando Direttiva n. 97 citata), e che pertanto sia essenziale “garantire a livello comunitario un servizio postale universale che offra un insieme minimo di servizi di qualità specifica che devono essere forniti in ciascuno Stato membro ad un prezzo accessibile a tutti gli utenti, indipendentemente dalla loro localizzazione geografica nella Comunità” con l’obiettivo di “consentire a tutti gli utenti accesso agevole alla rete postale offrendo, in particolare, un numero sufficiente di punti di accesso e garantendo condizioni soddisfacenti per quanto riguarda la frequenza della raccolta e della distribuzione”, nel rispetto dell'esigenza fondamentale di “garantire un funzionamento continuo adattandosi contemporaneamente alle necessità degli utenti e garantendo loro un trattamento equo e non discriminatorio" (undicesimo e dodicesimo Considerando). Di conseguenza l’articolo 3 della medesima Direttiva dispone che "Gli Stati membri garantiscono che gli utilizzatori godano del diritto a un servizio universale corrispondente ad un'offerta di servizi postali di qualità determinata forniti permanentemente in tutti i punti del territorio a prezzi accessibili a tutti gli utenti”, e che “A tal fine, gli Stati membri provvedono affinché la densità dei punti di contatto e di accesso tenga conto delle esigenze degli utenti (…) e si attivano per assicurare che il fornitore del servizio garantisca tutti i giorni lavorativi, e come minimo cinque giorni a settimana". Quindi il diritto europeo considera il servizio postale universale come un servizio pubblico fondamentale, ed impone che la sua erogazione sia assicurata per almeno cinque giorni lavorativi a settimana indistintamente su tutto il territorio), prevedendo che la riduzione della predetta frequenza possa, eventualmente, essere specificamente autorizzata dall'Autorità di regolazione nazionale (e non dal legislatore nazionale, così come nella fattispecie in esame) solo “in circostanze o per condizioni geografiche eccezionali", condizione questa che non sembra, peraltro, essere stata recepita dal diritto nazionale di attuazione della medesima Direttiva. 18 - Il Collegio non può quindi esimersi dal sollevare la questione pregiudiziale concernente la compatibilità delle disposizioni di legge nazionale sopra evidenziate con le predette norme comunitarie volte a “garantire a livello comunitario un servizio postale universale che offra un insieme minimo di servizi di qualità specifica (…) a tutti gli utenti, indipendentemente dalla loro localizzazione geografica”, alla stregua dei possibili effetti economico-sociali e culturali negativi paventati da parte ricorrente in relazione alla prevista rarefazione del servizio postale in aree del Paese già sotto-popolate, spesso interessate da fenomeni di invecchiamento della popolazione e di internet divide e tendenzialmente marginali sotto il profilo economico, nonché alla luce della circostanza che la stessa Legge di stabilità del 2015, nel ridurre il finanziamento del servizio postale universale, prevede anche misure di razionalizzazione della spesa diverse ed ulteriori da quella in esame e che, proprio per timore delle possibili conseguenze, l’applicazione della deroga in esame è finora avvenuta solo parzialmente e solo in un primo numero limitato di Comuni, mentre le trattative in corso di Poste Spa con i proponenti degli altri ricorsi sopra indicati hanno finora riguardato solo la diversa questione della distribuzione dei prodotti editoriali, Al riguardo, osserva altresì il Collegio che la medesima disciplina comunitaria è stata mantenuta anche dalla novella comunitaria del 2008, quando la rete WEB e la posta elettronica erano ormai una realtà, e che pertanto la esigenza, dedotta dai resistenti, di tenere conto del progressivo calo dei volumi del traffico postale “tradizionale” risulta essere già stata considerata dal normatore comunitario, imponendo se del caso un complessivo ripensamento della disciplina armonizzata del servizio universale postale da parte dell’Unione, e non da parte dei singoli Stati membri, ed in tale caso potrà assumere rilievo la previsione legislativa che il nuovo contratto di programma, relativo al quinquennio 2015-2019, possa disporre l'introduzione di "misure di rimodulazione" della frequenza di erogazione dei servizi sull'intero territorio nazionale indipendentemente dalla eventuale sussistenza di condizioni geografiche eccezionali (art. 1, comma 277, della medesima legge di stabilità 20l5). 19 – Conclusivamente, ritiene il Collegio che ai fini della decisione del presente ricorso sia necessario adire in via pregiudiziale la Corte di Giustizia ai sensi dell’art. 267 del TFUE al fine di conoscere se, alla stregua di una corretta interpretazione della Direttiva 1997/67/CE, siano con essa compatibili l'art. 3, comma 7, D.lgs. n. 261/99 e l'art. l, comma 276, della Legge 2014, n. 194, sotto il seguente profilo: a) la Direttiva n. 97/67/CE e successive modifiche ed integrazioni, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio, sancisce l’obbligo degli Stati membri di assicurare la fornitura del servizio postale universale, ed in tale ambito prevede che la raccolta degli invii postali e loro distribuzione al domicilio del destinatario debbano essere garantite "come minimo cinque giorni lavorativi a settimana"; b) la stessa Direttiva comunitaria ammette possibili deroghe, da parte delle Autorità nazionali di regolazione, solo in presenza di "circostanze o condizioni geografiche eccezionali"; c) La legislazione nazionale italiana (art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 261 del 1999 ed art. 1, comma 276, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 - cd. "Legge di stabilità 2015") impone, viceversa, all’Autorità nazionale di regolazione di accordare la predetta deroga, entro termini temporali certi, ogni volta in cui il gestore del servizio lo chieda individuando la “presenza di particolari situazioni di natura infrastrutturale o geografica in ambiti territoriali con una densità inferiore a 200 abitanti/kmq.", anche qualora le predette situazioni siano di natura non eccezionale e riguardino un’ampia parte della popolazione nazionale (fino ad un quarto della popolazione e quindi –trattandosi di aree con minore densità abitativa- fino ad una ben più vasta porzione del territorio nazionale); d) si pone quindi il problema se, alla stregua di una corretta interpretazione delle predette norme comunitarie, siano con esse compatibili le predette disposizioni della legge nazionale italiana, in quanto: 1) impongono all’AGCOM, ovvero all’Autorità nazionale italiana di regolazione, di deliberare in senso favorevole alla deroga ogni volta in cui sussistano i “fattori, strutturali o geografici” allegati dal gestore del servizio, purché riferiti a condizioni di scarsa densità abitativa, condizioni quindi non eccezionali ma ordinarie; 2) il carattere ordinario e non eccezionale delle condizioni per la deroga è ora confermato dalla legge di stabilità 2015, che ha ampliato l’ambito massimo di estensione della possibile deroga a un quarto della popolazione nazionale,; 3) l’Autorità di regolazione nazionale ha infatti chiarito in giudizio che le medesime condizioni sono riferite non alla difficoltà di raggiungere un utente ogni quattro, bensì ai costi di fornitura dell’intero servizio e, in particolare, ai costi della rete di recapito (prestazione del portalettere) in base ad un criterio non di costo del raggiungimento del singolo utente, bensì di costo-opportunità della fornitura del servizio alla luce della riduzione delle risorse destinate al finanziamento dei costi del servizio universale prevista dalla medesima Legge di stabilità del 2015; 4) in particolare, la medesima Autorità ha scritto in giudizio che il fine è quello di consentire la contemporanea prestazione di un unico portalettere, dipendente full-time di Poste Spa, ovvero del gestore del servizio, in due Comuni limitrofi che servirà "a giorni alterni", risultando confermata, in tal modo, la logica esclusivamente finanziaria della misura; 5) pertanto le disposizioni di legge nazionale in esame palesano una problematica compatibilità con la Direttiva n. 97/67/CE per la parte in cui disciplinano la possibilità di deroga in parola a fini di riduzione dei dipendenti e quindi della spesa di Poste Spa, prescindendo dalla sussistenza, invece richiesta dalla medesima Direttiva n. 97/67/CE , di "circostanze o condizioni geografiche eccezionali" che rendano particolarmente difficoltoso o costoso il raggiungimento degli utenti; 6) in tal modo, peraltro, le medesime disposizioni della legge nazionale italiana sembrano limitare la discrezionalità invece riconosciuta dal diritto europeo alle Autorità nazionali di regolazione ai fini della valutazione della eccezionalità delle predette condizioni e della loro idoneità a consentire di derogare agli obblighi posti agli Stati membri a garanzia dei diritti degli utenti del servizio postale universale. 20 - Il presente giudizio viene sospeso, nelle more della definizione dell’incidente comunitario, e ogni ulteriore decisione, anche in ordine alle spese, è riservata alla pronuncia definitiva. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) non definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, dispone, a cura della segreteria, la trasmissione degli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, nei sensi di cui al paragrafo 19 della motivazione. Sospende il presente giudizio. Riserva alla decisione definitiva ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 marzo 2016 con l'intervento dei magistrati: Giulia Ferrari, Presidente FF Raffaello Sestini, Consigliere, Estensore Ivo Correale, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 29/04/2016 IL SEGRETARIO (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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